Il Napoli arriva al Ferraris di Genova con l’obiettivo di cancellare la brutta prestazione con annessa sconfitta del Maradona contro la Lazio, prima della sosta per le nazionali. Contro il Genoa è arrivata invece una prestazione con ancora meno pericoli creati alla difesa avversaria, e un pareggio riacciuffato in extremis con un Politano rientrato a mezzo servizio dalla Nazionale, ma ormai indispensabile.
Il tecnico Rudi Garcia, rispondendo nella conferenza stampa di vigilia ad una nuova domanda sull’utilizzo di Lobotka, aveva ribadito ancora una volta che una squadra che ha un solo modo di giocare diventa prevedibile, con la necessità quindi di un piano B sia nell’uscita palla al piede, sia nella finalizzazione delle azioni. Con la teoria ci siamo, ma il campo ci ha consegnato l’immagine di un Napoli imbrigliato da un Genoa tatticamente ordinato e mentalmente sul pezzo, che, dopo aver rischiato un paio di volte all’inizio sulla propria catena di sinistra con le combinazioni di Elmas e Di Lorenzo, ha registrato la sua difesa, concedendo al capocannoniere dello scorso campionato soltanto 11 tocchi di palla nel primo tempo: meno di tutti i calciatori di movimento in campo. Con la sicurezza nell’affermare che il piano B non può prescindere dall’utilizzo di Osimhen o dal mandare Kvaratskhelia all’uno contro uno, se ne ricava dunque che le idee di gioco del Napoli sono ancora confuse e che i ritmi sono lenti. L’allenatore ha anche sostenuto che bisogna avere più frecce al proprio arco, riferendosi sicuramente anche alla panchina, da cui è arrivato poi il pareggio con una coordinazione fulminea di Raspadori e un perfetto inserimento di Politano su un assist al bacio di Zielinski. Che sono state però delle giocate dei singoli. Nella faretra, però, diventa più difficile trovare delle frecce in grado di andare a bersaglio se, sotto 2-0, scegli di inserire un terzino sinistro (Olivera per Mario Rui) e un centrocampista difensivo (Cajuste per Lobotka), lasciando in panchina Lindstrom e Simeone. Il pareggio è poi arrivato, ma con la qualità nettamente superiore degli azzurri rispetto agli avversari, non era poi così improbabile. Più improbabile, invece, trovare addirittura la vittoria nel finale con Zerbin al posto di Kvaratskhelia, togliendo ancora estro alla manovra offensiva azzurra.
Capitolo difesa: il Genoa aveva trovato fin qui due reti in campionato, una inutile di Biraschi, altro difensore, sul parziale di 0-4 per la Fiorentina, e una, vincente contro la Lazio, di un Retegui più lesto di tutti a ribadire in rete una respinta del portiere. Le due reti trovate stasera sono invece state semplificate da una difesa immobile e poco reattiva sia quando difende bassa, sia quando si alza a centrocampo lasciandosi quei 40 metri alle spalle che, senza Kim, non lasciano più tranquilli i tifosi. Facendo la somma di qualche segnale poco piacevole, come è stato il giro palla ripetuto tra Rrahmani e Juan Jesus contro la Lazio, senza movimento alcuno e fino al punto di dover forzare la giocata (accaduto anche stasera), o come è stata qualche situazione di palla contesa contro il Genoa, sulla quale più di qualche volta ci sono andati insieme due azzurri, si capisce che c’è qualcosa da registrare. Lo si dovrà fare in fretta, perché il primo “tour de force”, come lo “chiamiamo noi”, è già cominciato. Ora testa a Braga, per l’esordio stagionale in Champions che può ridare entusiasmo e far dimenticare qualche campanello d’allarme.