Decreto Crescita, salta la proroga per il calcio italiano: la Serie A avrà forti ricadute

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Fonti governative fanno sapere che non ci sarà spazio per lo sport nel cosiddetto Decreto Crescita. La misura, contenuta nelle prime bozze del decreto Milleproroghe, che prorogava gli sconti fiscali per gli sportivi, a partire dai calciatori, in arrivo dall’estero, contenuta inizialmente nel decreto crescita, sarebbe saltata. Questo potrebbe avere un impatto sui conti e sulle strategie delle squadre italiane di calcio.

Il fronte del sì

Il decreto crescita finora ha permesso una maggiore competitività delle squadre italiane sul mercato. Ha permesso finora di poter pagare meno tasse per uno stipendio netto competitivo. Alla squadra che comprava insomma un giocatore con uno stipendio da 1 milione di euro è costato circa 1,5 milioni anziché 2. Questo ha portato le squadre italiane o a spendere di meno (mantenendo la stessa qualità di prima) o a spendere lo stesso, aumentando però la qualità della rosa. Non avere più a disposizione questo strumento significa, soprattutto nella situazione economico/finanziaria in cui versano moltissime delle società italiane, modificare le proprie strategie e magari arrivare a dei giocatori meno importanti: visto che generalmente chi ha un salario più alto è (teoricamente) più bravo. I grandi giocatori che sono arrivati negli ultimi anni in Italia (quelli provenienti dalle federazioni estere, sia chiaro) sono stati convinti dalle società italiane che potevano permettersi uno stipendio all’altezza, senza dover spendere troppo. Pensate a Lukaku, Leao, Pavard, Thuram, Rabiot, Pulisic, Chukwueze o Kvaratskhelia e Osimhen: con il decreto crescita anche il rinnovo pesa di meno nelle casse della società.

Il fronte del no

Al netto delle considerazioni politiche (lo Stato che sovvenziona di fatto le attività imprenditoriali calcistiche) il decreto crescita ha portato a un numero sempre più crescente di giocatori stranieri in Italia. E questo è un dato di fatto.  La prima stagione con il decreto crescita in vigore (19/20) non ha portato grandi stravolgimenti. La serie A stava comunque diventando sempre più esterofila. Proprio nella stagione 2018/19 c’era stato uno scatto: la percentuale di stranieri in rosa era arrivata al 55% con un utilizzo che sfiorava il 60% (mentre in precedenza sembrava essersi stabilizzata intorno al 50%). Con lo sviluppo di nuove strategie delle società con il decreto crescita si è arrivati nella scorsa stagione al 61% dei giocatori stranieri in rosa nelle nostre squadre di Serie A e a un utilizzo di stranieri (nel minutaggio) pari al 65,5%. Secondo dati Opta. Una percentuale altissima, la più alta in Europa, secondo la ricostruzione che ha fatto invece il CIES, sempre con gli stessi criteri ma allargando il discorso anche agli altri campionato europei. Dati forniti un mese e mezzo fa. Questo chiaramente comporta una serie di considerazioni anche politico/sportive. I recenti risultati della Nazionale italiana dipendono anche da questo? Le società di fronte a costi inferiori preferiscono gli stranieri agli italiani: questo a lungo andare può aver avuto una ripercussione? In molti sono pronti a giurare di sì. Senza contare la polemica politica vera e propria: perché deve favorire di aiuti di stato chi è già ricco?

 

fonte: sport.sky.it

 

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