La presente ricerca è stata realizzata con Paolo Carnazza, Economista industriale.
Nei campi di Serie A giocano sempre più calciatori stranieri, in un trend che sembra inarrestabile. Il primo balzo ci fu nella stagione 2001-2002 quando gli stranieri toccarono quota 36,3%, ma è 13 anni dopo, nella stagione 2015/2016, che si registrerà il sorpasso, e per la prima volta la maggioranza dei giocatori tesserati (il 50,9%) non sarà di nazionalità italiana.
Oggi in Serie A ci sono il 63,7% di calciatori stranieri, 392 su 611 totali.
La redazione di Affidabile.org ha voluto investigare sul tema, confrontando i dati italiani con quelli di Premier League, La Liga, Bundesliga e Ligue 1. Ha inoltre tracciato l’andamento del fenomeno dalla stagione calcistica 1992/1993 a quella attuale, raccogliendo le informazioni sulla presenza degli stranieri nel calcio europeo degli ultimi 32 anni.
Sentenza Bosman, dal 1995 crescono gli ingaggi esteri
Sono sempre più i giocatori che scelgono di far parte di squadre estere, spesso motivati da ingaggi più elevati e remunerativi rispetto a quelli offerti dai club dei paesi di provenienza. Dalla fine degli anni Novanta a oggi, complice il calciomercato, il fenomeno del trasferimento dei calciatori verso società straniere è aumentato in modo esponenziale. Ma è soprattutto la sentenza Bosman ad aver dato origine al nuovo trend.
I dettagli della Sentenza Bosman
Lo spostamento di giocatori verso club esteri inizia in modo diffuso dopo la sentenza storica del 15 dicembre 1995, quando la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha accolto le istanze del giocatore belga Jean-Marc Bosman. Al calciatore, allora tra le punte di diamante del Liegi, era stato vietato dalla società di trasferirsi verso un’altra squadra.
Dopo la sentenza, a tutti i calciatori dell’Unione Europea fu accordato il permesso di trasferta, a titolo gratuito, al termine del contratto, con possibilità di cambiare club, anche fuori dal proprio paese di provenienza, seguendo i principi della libera circolazione tra nazioni comunitarie.
Cosa ha significato, dunque, questo precedente giuridico per il calcio internazionale?
La principale conseguenza della sentenza è stato l’abbattimento del limite massimo di calciatori stranieri in campo, che fino ad allora erano tre al massimo. Al contempo, la crescita degli ingaggi esteri e le nuove dinamiche di calciomercato hanno portato al nuovo fenomeno: è da allora che la presenza in squadra di giocatori nativi è divenuta l’eccezione, non la regola.
Gli stranieri in Serie A e nei maggiori campionati europei dal 1992 a oggi
Se si analizza la quota percentuale dei giocatori stranieri sul totale dal campionato 1992-1993 fino a quello più recente, in riferimento ai cinque campionati europei più importanti, appare fin da subito evidente quanto il cambiamento sia stato significativo.
I valori iniziali di giocatori stranieri in campo sono piuttosto contenuti nei primi anni Novanta: il picco più basso, ovvero il 12,2% di presenze, si è registrato in Italia durante il campionato 1994-1995. A seguire, la quota ha iniziato progressivamente a salire, fino ai livelli attuali. Nel campionato appena trascorso, ad esempio, la Serie A, con un 59,1% di presenze di giocatori stranieri, si piazza al secondo posto tra le competizioni europee, appena dopo la Premier League (59,7% di stranieri nelle rose). La Ligue 1 si attesta a un valore pari al 55,2%, mentre la Bundesliga supera di poco il 50%. Virtuosa appare invece La Liga con poco meno del 40% di stranieri schierati in campo.
Stagione 2024-2025: il picco storico di giocatori stranieri
Per quanto riguarda la stagione attuale, si registra un record di calciatori stranieri nei massimi campionati europei. Nel dettaglio, i giocatori provenienti da altri paesi sono il 66,1% nell’ambito della Premier League, il 60,4% nella Ligue 1, il 51,8% nella Bundesliga e rispettivamente il 39,7% e il 63,7% nel caso della Liga e della Serie A.
Dalla Serie A alla Primavera: le presenze straniere nei campionati italiani nella stagione 2024-2025
Se ci concentriamo sulle presenze di calciatori stranieri all’interno dei campionati italiani dell’attuale stagione, il dato più alto proviene dalla Serie A, con una percentuale del 63,7%. Segue la Serie B, con il 27,1% di presenze, e ancora la Serie C- A, la Serie C-B e la Serie C-C, rispettivamente con il 13,9, il 15,7 e il 15,1%. Il dato della Primavera 1 è più alto di quello della Serie B, visto che i calciatori stranieri sono il 29%; nel caso della Primavera 2-A la percentuale scende al 15,4% e ancora al 9,7% nell’ambito della Primavera 2-B.
Calciatori 15-21 anni: solo il 7,4% di minuti giocati
Come appena visto, l’elevata presenza di calciatori stranieri si registra anche nelle squadre Primavera: si pensi soltanto al caso del Lecce che, nell’ultimo campionato, aveva in rosa il 76,5% di giovani calciatori provenienti dall’estero, peraltro sempre schierati fin da inizio partita.
Sulla base di uno studio del CIES Football Observatory Monthly, inoltre, relativamente al secondo semestre del 2021, la percentuale di minuti giocati da calciatori di età compresa tra i 15 e i 21 anni, attivi per almeno tre stagioni sul totale dei minuti giocati dall’intera rosa, è molto più bassa in Italia che in Spagna o in Inghilterra, con una percentuale di appena il 7,4%.
Gli spunti di riflessione degli effetti di questa tendenza sono diversi.
Ad esempio, la debacle della Nazionale agli ultimi Europei e la mancata qualificazione agli ultimi due Mondiali potrebbero essere attribuibili, almeno in parte, a questo nuovo trend? Un elemento di supporto a questa teoria è quello relativo alla Nazionale azzurra vincitrice ai Mondiali del 1982 e del 2006, nelle cui fasi finali erano rispettivamente presenti 7 e 5 giocatori della Juve. Uscendo dal caso italiano, va detto che anche i successi della Nazionale spagnola di quest’ultimo decennio potrebbero essere connessi agli investimenti sui talenti locali, più che su quelli provenienti dall’estero.
Il decreto crescita, le agevolazioni per il rientro e il fattore competitività
Strettamente collegato a quanto sopra, c’è un altro fattore, legislativo, che potrebbe aver contribuito a delineare la situazione attuale. Il contenuto del cosiddetto Decreto Crescita prevedeva infatti elevate agevolazioni fiscali a favore della partecipazione di giocatori europei nella massima serie italiana, tra cui un esenzione dall’IRPEF applicabile fino al 70%.
La normativa aveva tra i propri obiettivi primari lo stimolo della competitività tra calciatori e squadre, con particolare riferimento alla prestazione dei singoli e al miglioramento dell’impegno e delle performance.
Il blocco di queste agevolazioni, dal 2024, ha però suscitato un certo malcontento nelle squadre della Serie A, preoccupate per una minore resa dei giocatori in chiave “competitiva.”
I giocatori stranieri fanno davvero la differenza?
In realtà l’associazione tra presenze di giocatori esteri e performance in campo non è così automatica, nei fatti concreti. Nessuna delle tre competizioni europee è stata vinta, nonostante l’accesso in finale, mentre di due finali europee nel 2024, l’Europa League è stata vinta dall’Atalanta mentre la Conference League è stata persa dalla Fiorentina.
Allora perché si continua a investire in rose di calciatori perlopiù composte da giocatori da fuori Italia? Ciò può essere dovuto al desiderio di vincere nel breve periodo, grazie alla presenza di campioni stranieri già pienamente affermati.
Germania e Spagna, rispetto all’Italia, preferiscono invece puntare e investire sulla formazione dei giovani nei vivai: a quanto pare, confrontando i dati, i loro progetti sul medio-lungo periodo si stanno rivelando più performanti ed efficaci.